Nido Eureka

Progetto Pedagogico – Nido Eureka

Il progetto educativo di seguito illustrato ha come obiettivo quello di presentare l’organizzazione del nido in virtù dell’idea di bambino e di nido che caratterizza questa struttura.

A partire dall’organizzazione e dagli obiettivi della giornata infatti intendiamo definire delle linee guida che saranno seguite da tutto il personale del nido, al fine di garantire ai bambini accolti un’omogeneità di offerta e di proposte.

L’idea centrale del nostro servizio riguarda  il rispetto dell’unicità di ogni bambino, relativamente ai suoi tempi, alle sue competenze, alle sue potenzialità e ai suoi bisogni. Fondamentale sarà il lavoro di osservazione, che aiuterà ogni educatrice a comprendere quali sono le peculiarità di ogni bambino e ad organizzare di conseguenza lavori e spazi all’interno della sala.

L’organizzazione della giornata permetterà ai bambini di avere ritmi e routine stabili, per poter garantire loro una tranquillità maggiore basata su abitudini e ritmi conosciuti.

La fase dell’ambientamento è centrale in un’ottica di questo tipo, tuttavia riteniamo importante riuscire anche ad accogliere i bisogni delle famiglie, di conseguenza in sede di colloquio si definiranno tempi e modalità per ogni bambino accolto.

La presentazione infine di una progettazione ‘’didattica’’ non potrà essere qui completa e definitiva, poiché la programmazione di attività e di percorsi dipenderà ogni anno dalle osservazioni sui bambini e sulle loro caratteristiche.

Altro aspetto fondamentale è quello dei rapporti con le famiglie, necessari e favorevoli ad una continuità educativa che permetterà al bambino di poter percorrere lo stesso cammino e di perseguire gli stessi obiettivi sia a scuola che a casa.

Info utili

ORARI SEGRETERIA:
Lun-Ven: h 9.00 – 12.30

TELEFONO:
Segreteria: 035 896178
Annalisa: 350 1577292

EMAIL:
nido@polozerosei.it

L'ambientamento

Il primo periodo di frequenza al nido, chiamato ambientamento, è un momento delicato e fondamentale per la futura frequenza del bambino. Questo momento coinvolge aspetti organizzativi, emotivi, relazionali che non vanno assolutamente sottovalutati in ogni attore di questa fase.

L’ambientamento riguarda l’organizzazione del nido, il personale educativo, le famiglie e il bambino, è il momento in cui tutti questi componenti si incontrano e devono trovare il giusto equilibrio il giusto incastro.

Tenendo conto di questi aspetti, l’ambientamento va concordato in sede di colloquio preliminare con le famiglie, per evitare che insorgano problemi organizzativi. Il tempo ideale per un sereno ambientamento è quello di due settimane, ma occorre tenere presente, soprattutto in questo anno educativo, che le esigenze familiari sono importanti e si deve cercare comunque di non creare troppi disagi alle famiglie. Per gli anni futuri invece si potrà presentare questo percorso nei giusti tempi affinchè le famiglie possano organizzarsi e garantire alla scuola e ai bambini questo tempo.

Il genitore va preparato ad affrontare questa esperienza. Per tempo deve poter pianificare l’ambientamento del bambino, organizzandosi di conseguenza. E’ importante che si riesca ad incontrare i genitori insieme già a luglio e poi individualmente prima dell’ambientamento. Come organizzare l’incontro di gruppo e quello individuale è molto importante. Questi primi incontri devono far sentire al genitore che i suoi dubbi, perplessità, aspettative, ansie paure, sono compresi e accolti. Se egli si sentirà rispettato come persona, non giudicato, ascoltato, in una parola accolto potrà avere fiducia che anche il suo bambino lo sarà.. Ma non basta: il genitore dovrà essere seguito e se necessario, sostenuto, nel periodo dell’ambientamento: a lui si chiederà una partecipazione consapevole e attiva.

Obiettivo dell’ambientamento è accogliere gradualmente il bambino e avvicinarlo a una persona nuova in un contesto stabile, nel rispetto dei tempi e dei bisogni del bambino e del genitore. L’obiettivo dell’ambientamento non è quello di fare in modo che il bambino non si accorga di quello che sta accadendo o di evitare eventuali e inevitabili crisi o reazioni di resistenza alla separazione, ma è quello di favorire la costruzione di un rapporto significativo tra il bambino e la persona che si prenderà cura di lui, che potrà gradualmente orientarlo nel nuovo contesto; una persona a cui potrà affidarsi in caso di disagio o quando avrà bisogno di essere consolato per superare la tristezza del distacco dal genitore e per scoprire l’ambiente nuovo che diventerà sempre più familiare.

Un bisogno fondamentale che si deve soddisfare durante questo periodo è permettere al bambino di interiorizzare la figura materna per il tempo del distacco, e soprattutto dargli il tempo di comprendere che la mamma o la figura di riferimento torneranno sempre a prenderlo. Ecco perché questi distacchi di breve durata che si allungano lentamente ed ecco il motivo principale, insieme a quello di sapersi affidare all’educatrice, di questo tempo richiesto.

L’esperienza del nido è infatti molto diversa dall’essere accuditi, in modo esclusivo o quasi, da un altro adulto. Lo spazio del nido è condiviso con altri bambini, altre abitudini, altre modalità relazionali e serve quindi al bambino un tempo dedicato affinchè lo possa sentire come familiare e sicuro.

Un tempo sufficientemente lungo dell’ambientamento è anche positivo per i genitori. Poter osservare le educatrici nello spazio e nell’organizzazione del nido permette anche a loro di fidarsi, di affidarsi, di iniziare una relazione basata sulla sincera fiducia e sulla consapevolezza di quanto avviene in struttura, e permette così un clima molto sereno nell’affrontare la fatica del distacco.

Condizioni fondamentali per un ambientamento sereno sono la gradualità e il rispetto dei tempi e delle modalità di adattamento/ambientamento di ciascuna coppia genitore-bambino. La presenza del genitore al nido nei primi tempi garantisce al bambino quella tranquillità emotiva che gli consente di esplorare con curiosità il nuovo ambiente e di stabilire relazioni significative.

L’ambientamento di un bambino al nido si fonda innanzitutto sul concetto di accoglienza e di capacità di creare le migliori condizioni per avvicinarsi a nuove persone e a una nuova realtà. Si è in grado di accogliere realmente solo se si riconoscere l’unicità di ciascun bambino, la sua breve ma intensa storia, le sue acquisite abilità , i suoi interessi, i suoi, bisogni e le sue inevitabili debolezze.

Un ambientamento che richiede interventi e passaggi graduali, capaci di far sentire il bambino sempre vicino alle sicurezze e al tempo stesso accompagnarlo nella novità e nell’esplorazione del nuovo ambiente.

L’educatore che accoglie la coppia genitore-bambino si pone come persona di riferimento stabile e riconoscibile che li accompagna nell’esplorazione e nella conoscenza del nuovo ambiente per riuscire a stabilire una relazione significativa con il bambino che lo aiuterà ad affrontare l’esperienza della separazione. Sarà solo la persona di riferimento che si occuperà e si farà carico del bambino nei momenti più delicati di cura (il pranzo, il cambio, il sonno e il risveglio) e che lo sosterrà e consolerà nei momenti di difficoltà . Sulla base di tale rapporto privilegiato che funge da mediazione il bambino potrà poi costruire una relazione anche con le altre educatrici della stanza e gli altri bambini. Anche la strutturazione degli spazi e quindi la cura e l’attenzione nel predisporre un ambiente accogliente, confortevole, riconoscibile e stabile è premessa ineludibile per un buon ambientamento.

Le strategie/modalità: l’ambientamento si articola su almeno 2 settimane, un tempo minimo necessario per avviare un significativo rapporto di conoscenza tra la coppia genitore-bambino e l’educatrice e per consentire un’attenta osservazione dei segnali del bambino e quindi comprendere come sta vivendo questa esperienza. E’ importante riconoscere e rispettare i tempi e i ritmi individuali di ciascuna coppia genitore-bambino, perché “non è affrettando i tempi che il bambino si ambienta, ma dando tempo”. L’accoglienza che deve caratterizzare l’intervento degli operatori si fonda innanzitutto su un atteggiamento di ascolto e non di giudizio e l’osservazione è uno strumento fondamentale per la conduzione dell’ambientamento, per stabilire se e quando introdurre delle modifiche e cambiamenti che dovranno sempre essere condivisi e discussi con il genitore.

Quando la mamma è presente nella stanza si occuperà lei delle cure del bambino (cambio, pranzo, sonno): l’educatrice di riferimento subentrerà infatti in questi momenti solo in assenza della mamma.

Se è già avvenuto il saluto e la mamma viene invitata a rientrare, perché il bambino è in crisi e la cerca, dopo un breve momento di congedo tornerà a casa con il suo bambino per evitare messaggi confusivi (nella quotidianità della vita del nido, infatti, quando la mamma arriva si va a casa). In questo primo periodo per conquistare la fiducia del bambino e aiutarlo ad orientarsi nel nuovo contesto si cercherà di seguire il più possibile le sue abitudini di casa.

L’osservazione rappresenta lo strumento fondamentale dell’educatore per monitorare l’andamento dell’ambientamento e modulare il processo di separazione. Tutti gli operatori hanno messo a punto una traccia per l’osservazione dell’ambientamento le cui categorie saranno poi utilizzate dall’educatore di riferimento anche in seguito come guida all’osservazione e base per la progettazione e verifica dell’intervento educativo.

Il confronto quotidiano con colleghe o coordinatrice durante l’ambientamento permette all’educatrice di gestire al meglio questo delicato e importante momento.

I momenti di cura

I momenti di cura sono, per la fascia di età che va dai 3 mesi ai 3 anni, momenti di relazione esclusiva e privilegiata con l’adulto di riferimento. Hanno una grandissima valenza emotiva, affettiva e relazionale, e sono i momenti in cui l’educatrice entra in relazione univoca e diretta con il bambino. Consapevoli di questo, le routine al nido sono preservate e garantite e sono vissute con l’educatrice di riferimento. Questi momenti avvengono in uno spazio ben definito, sempre lo stesso, per permettere al bambino di abituarsi e di trovare riferimenti stabili e rassicuranti. Il tipo di routine proposto varia a seconda delle caratteristiche e dell’età dei gruppi. I bambini attraverso il ‘tempo’ in cui vengono curati imparano a curarsi e a prendersi cura degli altri, ecco perché le routines nel nido risultano avere tanta importanza e una grande funzione educativa e pedagogica.

IL SONNO

Il momento dell’addormentamento viene gestito dalle educatrici di riferimento o comunque dalle educatrici di sala che sono già entrate in relazione con i bambini. I lettini saranno posti a distanze sicure secondo le normative vigenti, e saranno accompagnati al sonno in modo quasi individuale. Le educatrici raccoglieranno durante i colloqui notizie circa le abitudini dei bambini a casa e cercheranno di offrire al bambino la maggior serenità possibile. I bambini di questo nido dormiranno all’interno delle loro sale, perché questo momento va affrontato in un luogo sicuro e conosciuto. Si cercherà di costruire routine fisse, stabili e immutate nel tempo, per arrivare a consolidare anche una loro autonomia nell’addormentamento. Per arrivare a questo obiettivo si prevede che le prime nanne siano organizzate a scaglioni, per garantire a tutti la giusta vicinanza.

IL CAMBIO

Il momento del cambio ha una connotazione maggiore di delicatezza. Il bambino viene spogliato, lavato, toccato. Si privilegia il fatto che questo momento sia eseguito sempre dalla stessa persona, proprio per innescare abitudini costanti. Le sezioni avranno al loro interno il materiale a disposizione per un cambio in sala. Se poi ci fosse la necessità di andare in bagno e uscire dalla stanza sarà l’educatrice di riferimento a farlo, lasciando alla collega o al personale ausiliario il compito della sorveglianza del gruppo, e non il contrario.

IL PRANZO

Anche il momento del pranzo è di fondamentale importanza per le relazioni all’interno del nido, e nei più grandi rappresenta anche una grande occasione di ‘socialità’. Se infatti per i più piccoli ha le stesse caratteristiche di cura, attenzione e relazione univoca delle altre routine, per i grandi il pranzo rappresenta il momento in cui si è tutti seduti allo stesso tavolo, si pensa anche agli altri (ad esempio, apparecchiando per loro), si impara a gestire il tempo dell’attesa del proprio turno e del proprio piatto, si impara ad aspettare che anche gli altri abbiano finito, si intavolano le prime conversazioni di racconto e confronto con un gruppo di pari. L’educatrice mangia con i bambini, sia per essere ‘esempio’ rispetto elle autonomie (utilizzo degli strumenti, autoregolazione delle quantità, assaggio di ogni pietanza) sia per entrare in questa comunicazione di gruppo.

Il gioco

L’ adulto ha solo il compito di offrire al bimbo un ambiente idoneo e i materiali di gioco per esprimere e sviluppare le sue potenzialità in modo completo ed efficace. E, soprattutto, ogni piccolo deve essere lasciato libero di fare le sue esperienze e attività. Perché ogni bimbo ha una 'mente assorbente' capace di cogliere e assimilare, attraverso il subconscio, le esperienze esterne, sviluppando così le sue capacità psichiche e intellettuali (Riccardo Massa, Istituzioni di pedagogia e scienza dell'educazione, Laterza).

Il rispetto della personalità del bimbo e della sua originalità, secondo la Montessori, può migliorare la società umana e conquistare alla pace e alla tolleranza tutti gli esseri umani (La pace e l'educazione, 1933; Formazione dell'uomo, 1949).

Alla base di questa visione, l'esperienza dei sensi - messa alla prova anche attraverso il materiale strutturato del gioco - e il movimento sono gli ingredienti principali per un'educazione attiva, centrata sul bambino. Non a caso, una tra le più celebri frasi della scienziata è “Aiutami a fare da solo”.

“Nel gioco i bambini sono attivi, ma lo sono anche in tutta una serie di mansioni quotidiane che essi fanno con gioia, per il piacere dell’attività e dei movimenti che comportano”, spiega Anna Oliverio Ferraris parlando della Montessori.

Attraverso il gioco, il bimbo addestra i sensi e affina la percezione, in un certo senso la concentrazione e l'impegno che richiede l'attività ludica è molto simile a quella del lavoro per la scienziata marchigiana.

Questa analogia tra lavoro e gioco assume grande importanza anche per l'americano John Dewey (1859-1952), filosofo e pedagogista, padre della scuola progressiva (che presuppone, cioè, l'introduzione di nuove sfide per gradi, secondo lo sviluppo del bimbo).

Dewey mette l'accento sulla dimensione del gioco che aiuta a esercitare il problem solving (la risoluzione di problemi) e la tolleranza della frustrazione per il raggiungimento di un obiettivo (se la torre crolla, si ricomincia senza bizze!). In tale prospettiva, posto che il traguardo finale dell'attività sia abbastanza remoto e serva un impegno costante per perseguirlo, il gioco prefigura il lavoro (Come pensiamo, 1910). Tanto che nello stesso volume invita gli educatori a non esaurire l'attività ludica solo nell'aspetto del divertimento e del fantastico ma di calarla nella realtà.

Il gioco è l’attività attraverso cui il bambino scopre se’ stesso, il mondo che lo circonda, le relazioni con esso e con tutte le persone con cui entrano in contatto. E’ la prima forma di scoperta e di sperimentazione che il bambino adotta e che continua come esclusiva per tutta la sua prima infanzia. E’ quindi anche per noi strumento utile e fondamentale di cura e di interazione, perché attraverso il gioco riusciamo a conoscere il bambino e a metterci in comunicazione con lui nella forma che gli è più congeniale e che è più efficace.

Ecco perché è importante permettere al bambino di essere parte attiva del gioco e non veicolarlo in quelle che possono essere le sue prime scelte autonome.

Il nido ha il dovere e l’obiettivo di offrire ai bambini differenti proposte di gioco, che soddisfino le diverse esigenze delle diverse fasi della crescita.

PER I PIU’ PICCOLI

Nei primi sei mesi di vita il bisogno maggiore per un bambino è quello della relazione. Con la mamma prima e con il resto delle persone che ruotano attorno a lui in seguito. Le sue maggiori risorse, competenze ed energie si canalizzano verso quest’obbiettivo, ed è quindi difficile definire cosa è per lui gioco e cosa invece una graduale conoscenza del mondo. Verso i tre mesi il bambino comincia ad avere una vista abbastanza a fuoco, è possibile pertanto che sia interessato ad osservare alcuni semplici pendenti (che si possono improvvisare legando alcuni oggetti ad un filo ). Fino a tre mesi la vista è buona ad una distanza di circa 25-30 cm, ed è fondamentale il gioco di sguardi che si innesca, soprattutto con la mamma, nel momento delle poppate.

Già nella pancia della mamma il bambino distingue luce e buio, ci sono alcuni studiosi che ritengono che i neonati preferiscano il colore rosso poiché è quello che vedono in utero. Fino a circa 6 mesi comunque la visione dei colori non è perfettamente sviluppata.

Dopo i primi tre mesi migliora la vista del bimbo e il controllo della testa e dei suoi movimenti, pertanto alcune palestrine, alcuni sonagli e semplici giocattoli di materiali diversi possono attirare la sua attenzione.

Un altro bisogno che i bambini manifestano e che si può considerare ‘gioco’ è quello sonoro: semplici filastrocche o canzoncine ripetute permettono al bambino di calmarsi e di sentirsi tranquillo, soprattutto se provengono da voci umane e non da apparecchi acustici.

E’ attorno ai 7/8 mesi che i bambini cominciano a studiarsi le manine, i piedi, cominciano a riuscire a stare seduti se sostenuti da cuscini (non è consigliabile riempirli di cuscini e incastrarli in posizione seduta, per non cmpromettere lo sviluppo dell’autonomia). Ecco allora che possono comiciare ad esplorare con i sensi gli oggetti che gli vengono presentati. Una delle offerte che non manca al nido è quella del cestino dei tesori, ma ci sono tantissime varietà di offerte da proporre loro: “sacchetti tattili” di stoffa leggera che possono contenere materiali diversi, contenitori uguali con contenuti differenti che producono suoni differenti (si possono costruire piccole maracas con le bottigliette di plastica, con i rotoli di carta igienica ricoperti di stoffa, con i barattolini degli omogeneizzati, legare piccoli campanelli a delle corde, costruire pannelli tattili,ecc…).

I BAMBINI ‘MEZZANI’

In questa fase della vita il bambino scopre il movimento, la sua forza fisica, la sua motricità grande e fino motoria. Le offerte di gioco sono utili perché maturi i suoi sensi e le sue competenze.

Il suo orizzonte si allarga, anche la sua curiosità è maggiore e comincia ad interessarsi alle relazioni tra gli oggetti. In molti nidi esiste la proposta del cosiddetto gioco euristico, attività che non deve essere guidata, solamente organizzata e preservata dal disturbo altrui.

Il gioco euristico prevede un’attività di esplorazione, libera e non guidata dall’adulto, che ha come unico ma fondamentale compito quello di predisporre tale attività e osservare il suo svolgimento. Unici interventi sono all’inizio e alla fine, ma sono interventi silenziosi, che non contengono nessun imperativo e nessuna forzatura nei confronti del bambino.

Durante il secondo anno di vita è difficile trovare proposte guidate e strutturate che assorbono la mente del bambino. I bambini si spostano, gattonano e si alzano. Perdono interesse per il cestino dei tesori, lanciano giochi, svuotano e riempiono, sembrano aver perso la concentrazione. In realtà non sono ancora pronti per una proposta strutturata perché hanno bisogno di una grande possibilità di esplorare. Imparando a muoversi si aprono per loro infiniti orizzonti discoperta e quindi la loro concentrazione e la loro energia sono rivolte a questa ricerca continua.

Dall’osservazione diretta dei bambini che compiono questo gioco si evidenziano SEMPRE alcune caratteristiche che sono la base e i punti di forza di questa attività:

  • I bambini scelgono da soli i materiali con cui giocare, e spesso la loro gamma si allarga gradualmente. E’ frequente che comincino sempre dagli stessi oggetti per poi aumentarli in numero e qualità diverse. Se si osserva un bambino abbastanza a lungo si può notare che la sua attenzione si rivolge all’inizio alla stessa attività seppur con diversi materiali, per poi diventare più complessa e più articolata mano a mano che passano i giorni.
  • I bambini difficilmente entrano in conflitto durante questa esperienza. Quasi mai sono attratti dall’attività degli altri e si concentrano molto sulla loro. Non ci sono quasi mai conflitti, ne’contese per i materiali.
  • Non esiste un uso giusto o sbagliato del materiale. Le uniche esperienze di frustrazione o di fallimento i bambini la provano quando fisicamente l’oggetto non permette di sviluppare un idea. Quando ad esempio un oggetto non entra in un altro o una catenella non sorregge qualcosa. Difficilmente i bambini reagiscono negativamente davanti a questi fallimenti, ne prendono atto provando e riprovando e comprendono le prime regole della fisica.

Adeguati a questa fase di crescita sono anche tutti i giochi dell’infilo (basta fare dei fori nei coperchi dei barattoli!), abachi grossi e con poche perle da infilare e dell’incastro, cassette da riempire e da svuotare, sacchetti da tirare… per poi passare successivamente ad un gioco più strutturato, come ad esempio grandi costruzioni per fare le torri… è importante offrire al bambino poche proposte per volta di uguale difficoltà, e renderle poi più difficili a mano a mano che le sue capacità aumentano (ad esempio: un portarotolo scottex congrandi anelli per tende è un ottimo primo infilo, successivamente gli anelli diventano più stretti e anche l’abaco più sottile, per poi passare a perle di legno con un piccolo foro e infine a uno spago con un legnetto che funge da ago …). Queste tassonomie fanno sì che giochi dello stessa area di competenza restino interessanti per i bambini mano a mano che affinano le loro capacità.

I BAMBINI GRANDI

Maturando e crescendo i bambini si avvicinano a quello che è noto come gioco simbolico. Il ‘fare come i grandi’ permette ai bambini di raffinarsi e di esprimere se stessi e la loro relazione con il mondo che li circonda. Tutto quello che hanno vissuto, sperimentato e provato ora diventa un agire che permette loro di rielaborare vissuti e di provare a fare come gli altri. Questo è per il bambino il primo vero gioco di relazione, permette l’interazione con l’altro, la gestione dei conflitti, la tolleranza della frustrazione.

Esempi di gioco simbolico possono essere: il gioco della bambola in tutte le sue forme, macchinine, attrezzi, giochi in cucina e nella ‘casa’.

Altro tipo di offerta ai bambini di questa fascia di età sono le “attività di vita pratica”, che consistono nel fare davvero delle azioni che con il simbolico avevano solamente imitato (sbucciare una patta, tagliare una carota, stendere, grattugiare il pane,ecc…

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Gli spazi

In ogni sala sono presenti angoli che permettono a tutti i bambini di trovare risposte ai loro interessi. In tutte le sezioni saranno allestiti un angolo morbido, un angolo per i libri, un angolo simbolico, un angolo di proposte di infili ed incastri, un angolo in cui sarà possibile per il bambino ‘isolarsi e rilassarsi’. All’interno di due delle tre sale sarà anche allestito il momento del pranzo, mentre per la terza questo momento sarà vissuto nel salone, immediatamente fuori dalla sala.

Lo spazio è considerato un educatore in più, in quanto risorsa fondamentale di stimolo e supporto per i bambini, pertanto l’allestimento, l’organizzazione e la cura di questo aspetto sono durante l’anno soggetti di verifica e osservazione costante.

I rapporti con le famiglie

Come già detto nella parte dedicata all’ambientamento, i rapporti con le famiglie sono fondamentali per una relazione positiva con il bambino.

Le famiglie sono il punto di partenza dell’educazione di ogni bambino, pertanto è fondamentale una stretta collaborazione con esse affinchè si proceda lungo la stessa strada. E’ dovere del nido accogliere il bambino e la sua famiglia, condividere con loro gli obiettivi e le modalità educative che mette in atto. La relazione che si costruisce diventa così un’alleanza che ha al centro il bene del bambino e della sua crescita armonica dal punto di vista fisico, psicologico, relazionale.

Pertanto sono fondamentali momenti di incontro e di relazione con le famiglie, che sono così articolati:

  • Incontro preliminare degli iscritti a luglio: dove si spiegano le modalità di ambientamento in modo che le famiglie possano organizzarsi per tempo;
  • Incontro inizio anno: dove si presenta il personale, si spiega brevemente il progetto educativo, si comincia a delineare l’organizzazione delle prime settimane;
  • Colloqui preliminari :poco prima degli ambientamenti, per raccogliere le informazioni sul bambino e poterlo così accogliere al meglio;
  • Incontri a tema durante l’anno: con il personale o con eventuali esperti si affrontano tematiche che risultano essere utili e interessanti, a seconda dei gruppi accolti;
  • Feste con le famiglie per condividere momenti informali;
  • Colloqui in corso d’anno: per sottolineare le competenze dei bambini, i traguardi raggiunti, le fatiche e le fragilità su cui occorre lavorare insieme;

La coordinatrice e le educatrici sono a disposizione in qualsiasi momento dell’anno per colloqui su richiesta delle famiglie.

Formazione, Progettazione, Verifica

La coordinatrice, le educatrici e tutto il personale saranno coinvolte in percorsi di formazione interna o con esperti esterni, avranno a cadenza regolare collegi di programmazione e di verifica su quanto svolto al nido. Ci saranno, da parte della coordinatrice, momenti di osservazione diretta sia per verificare il percorso dei bambini che per verificare spazi, tempi e offerte del nido.

Documentazione

Sarà possibile documentare il lavoro del nido attraverso fotografie, riprese video, incontri a tema. Tutti i momenti di progettazione e di verifica saranno accuratamente verbalizzati e rimarranno a scuola a disposizione del personale, così come i colloqui delle famiglie saranno verbalizzati e condivisi con la famiglia stessa.

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